Il contesto culturale in cui Freud rifletteva sulla differenza dei sessi vedeva da un lato le riflessioni della scienza e dall’altro il dibattito sociale sostenuto dal movimento femminista emancipazionista. Oggi siamo in un altro tempo. I teorici del queer con una messa in discussione dell’unità, stabilità e utilità politica delle identità sessuali, hanno contribuito in modo significativo al ripensamento sul significato di genere e di transgender. Nel discorso sociale non esistono più due modi di nominare i sessi, ma neanche tre o quattro, assistiamo piuttosto a una proliferazione di nominazioni: uomo, donna, transgender, cisgender, transessuale, queer, solo per citarne alcuni.
Lacan scrive in L’istanza della lettera dell’inconscio o la ragione dopo Freud che “la cabina offerta all’uomo occidentale per soddisfare i suoi bisogni naturali (…) sottomette la sua vita pubblica alla legge della segregazione urinaria”[1]. I
n questo modo, richiamando l’insegna delle due toilette uomo-donna ci indica come il soggetto è chiamato ad assumere, a fare suo il significante uomo o donna per poter varcare l’una o l’altra soglia. Assumere il proprio essere sessuato richiede una simbolizzazione, ma prima con Freud e poi con Lacan impariamo che essa non sarà sufficiente ad assumersi il proprio sesso, poiché nell’inconscio la differenza dei sessi non si scrive.
Con l’elaborazione dell’ultimo Lacan impariamo che ciò che fonda il nome per ciascuno non dice del simbolico in gioco, ma del reale che c’è nel lalingua, quale dimensione particolare farcita di godimento. Lalingua è ciò che c’è di più specifico di ogni parlessere. ed è ciò che veicola il godimento. Quando Lacan durante la lezione del 9 Aprile del 1974 del Seminario Les non-dupes errent dopo che aveva introdotto le formule della sessuazione pronuncia questo frase: “L’essere sessuato non si autorizza che da sé” e aggiungerà “ (…) il fatto che lo si classifichi maschio o femmina, ciò non impedisce che il soggetto abbia la scelta”[2] non mancherà di far sentire che questa scelta non avviene sul piano dell’Io (l’ich freudiano) ma si tratta piuttosto del situarsi dal lato del godimento donna o dal lato del godimento uomo e che esiste un reale in gioco, un referente indicibile, che condiziona il rapporto del soggetto con il sesso. Reale di cui Lacan ci dà una definizione precisa, nel seminario che tiene a Caracas nell’agosto del 1980, nominandolo come aveva già fatto come il terzo dei tre registri, insieme all’immaginario e al simbolico e aggiungendo che “[…] rimane costantemente raffigurato tramite una retta infinita, ossia con un cerchio non-chiuso che essa suppone. È questo che fa sì che esso non possa essere ammesso se non come non-tutto”[3], non imbrigliabile nel simbolico, sfugge, non si dice, è ciò che in una cura si produce al peggio, al nocciolo di cui non si vuole sapere nulla.
Lacan negli anni ’70 non mancherà di farci cogliere l’evanescenza della funzione paterna che per lungo tempo aveva organizzato tutti i livelli del legame sociale e centrerà il suo interesse sulle possibili scritture del non-rapporto sessuale in termini logici, laddove il fallo non è altro che un significante che permette di velare una parte del godimento del soggetto e compare dunque come sembiante del godimento[4]. “Dal 1971 Lacan considera il fallo un ostacolo al rapporto sessuale. Prima sembrava che qualcosa del rapporto sessuale potesse scriversi per la via dell’identificazione all’essere il fallo o all’averlo. Ora il fallo è un ostacolo al rapporto, poiché il godimento fallico, fuori corpo, non dice niente del femminile in cui è in gioco un godimento del corpo”[5]. Il fallo come significante procura una sembianza ma non colma lo scarto tra l’identità così detta sessuale e l’identità relativa al godimento.[6]
Nell’incontro con soggetti della contemporaneità che si definiscono transgender, queer, transessuali, ftm, mtf, ecc, si constata che i nuovi modi di nominarsi non fanno che mettere in rilievo che è in un annodamento singolare che il soggetto può costituirsi come sessuato. Si tratta dunque di tenere in conto lo sforzo che il soggetto compie per annodare, in altro modo, il suo rapporto alla sessualità dal momento che i sembianti ricevuti sono inoperanti per lui.
[1]J. Lacan, L’istanza della lettera dell’inconscio o la ragione dopo Freud, in Scritti Vol. 1,., Einaudi, Torino, 2002, p.494.
[2]J. Lacan, Le Séminaire, livre XXI, Les non-dupes errent (inedito), lezione del 9 aprile,1974 .
[3] J.Lacan, Il seminario di Caracas,“ La Psicoanalisi ”, N. 28, Roma, 2000, p.12.
[4] F.Fajnwaks, Lacan et les theeries queer:malentendus et méconnaissances, in F.Fainwaks, C. Leguil, Subversion lacanienne des thèories du genre, Ed.Michelle, Paris, 2015, p.25.
[5] R.E.Manzetti Crisi di identità sessuate in sito SLP – documenti – http://www.slp-cf.it/documents/345608/387016/Crisi-identita-sessuate.pdf
[6] F.Fajnwaks, Lacan et les theeries queer:malentendus et méconnaissances, in F.Fainwaks, C. Leguil, Subversion lacanienne des thèories du genre, Ed.Michelle, Paris, 2015, p.25.
Mary Nicotra
*testo pubblicato sul sito della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi come dibattito preparatorio al Convegno nazionale del 2017, a questo link