
Intervento di Mary Nicotra il 14.10.2019 al Circolo dei Lettori, insieme a Monica Buemi e Rosa Elena Manzetti.
In Due voci di enciclopedia del 1922. troviamo questa frase di Freud
Negli esseri viventi le pulsioni erotiche e quelle di morte avrebbero dato luogo a regolari impasti, miscele ; ma sarebbe anche possibile un loro disinpasto.
La vita consisterebbe nelle manfestazioni del conflitto o dell’interferenza tra questi due tipi di pulsioni, e con la morte essa recherebbe all’individuo la vittoria delle pulsioni di distruzione, ma anche con la procreazione la vittoria dell’Eros (…).
E’ possibile caratterizzare le pulsioni come tendenze insite nella sostanza vivente e mirate al ripristino di una condizione precedente ; tendenze quindi storicamente condizionate , di natura conservatrice, espressione per così dire di un’inerzia o di una elasticità dell’elemento organico.
Dunque, innanzitutto Freud con lo scritto Al di là del principio di piacere (1920) aveva già evidenziato che esistono Thanatos e Eros, dunque due tipi di pulsioni nella vita psichica, la pulsione di morte e la pulsione di vita, eros o pulsioni sessuale che si impastano e si disimpastano tra di loro.
Ma cosa vuol dire che si impastano e disinpastano ?
Freud scopre che le pulsioni sono plastiche.
La vita si produce come manifestazione del conflitto e interferenza tra queste due pulsioni le cui spinte sono opposte, lavorano una contro l’altra, una verso la distruzione, che si manifesta attraverso tendenze distruttive rivolte verso gli altri o se stessi e che spinge verso l’inerzia e la morte, l’altra, l’Eros, un’energia vitale che ha una spinta verso la vita che complica la vita stessa, nel tentativo di farla esistere.
Una spinta vitale che si produce e si dirige verso l’oggetto, più oggetti, si sposta, si muove da un oggetto all’altro.
Freud porta come esempio di impasto la componente sadica della pulsione sessuale adeguata allo scopo, dove l’eros si impasta con la pulsione di morte di cui si potrebbero portare moltissimi esempi …
Qualcuno raccontava di come non poteva fare a meno, per sentirsi vivo, di frequentare sessualmente molte donne contemporaeamente., facendosi fidanzato di molte. Se da un lato gli dispiaceva ingannarle qualcosa « era più forte di lui », qualcosa che non riusciva a controllare e provava una certa soddisfazione soprattutto quando ognuna di loro, scoprendolo, ne soffriva.
Per questo soggetto la vitalità che lo animava come partner sessuale di una donna poteva prodursi con una certa soddisfazione solo a condizione di ‘ingannarla’
Nel disimpasto invece, la pulsione di morte emerge in primo piano puntando alla distruzione per trovare il proprio soddisfacimento. La pulsione di morte si serve della pulsione vitale per poter avere accesso alla sua scarica e alla conseguente soddisfazione.
Non si può generalizzare…ma forse si potrebbe dire che l’emersione della pulsione di morte accompagna molti dei cosidetti femminicidi, dove la spinta alla distruzione acceca al punto di non potere neanche più tenere conto delle conseguenze del proprio atto poichè nessuna presa significante riesce a mettere un limite.
Penso a qualcuno che racconta di come, sul punto di essere uccisa dal suo compagno, riesce a salvarsi, perchè mette in gioco delle parole che hanno presa su di lui.
Gli promette che se la lascia a vivere non l’avrebbe detto a nessuno.
In questo caso, per quell’uomo è stata ancora possibile una rettifica perchè ancora una frase, « ti prego lasciami vivere non lo dirò a nessuno » ha avuto per lui una tenuta significante che ha permesso alla pulsione di morte di rimpastarsi con eros e dunque lasciare che vincesse la vita.
Ma come mette in rilievo Lacan la pulsione è una forza costante e con l’Al di là del principio di piacere la compulsione alla ripetizione si impone e spinge all’atto quanto i tratti significanti non fanno presa.
Questo può farci cogliere come l’attrazione tra un uomo e uan donna, tra una donna e una donna, tra un uomo e un uomo, non si basa sull’istinto ma su un cocktail, spesso esplosivo fatto di impasti e disinpasti pulsionali non senza gli effetti significanti provenienti dall’Altro che hanno marchiato il corpo di ciascuno e ai quali ciascuno, nella propria singolarità, ha dato una risposta sintomatica.