I dissapori dell’Io

Succede nella vita di ogni persona che qualcosa traballi,
ciò che ha tenuto bene insieme tutto fino a quel momento lì, fa strappo.
Il tessuto simbolico e immaginario sul quale si costruisce la realtà di ognuno si strappa e irrompe una lacerazione, un terremoto…

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con Lacan diremmo del ‘reale’. Insomma niente è più come prima.
Si potrebbero portare molti esempi ma certamente ognuno di noi qui presente potrà rintracciare un vacillamento che si è prodotto nella propria vita che lo ha lasciato disorientato,.un dissapore dell’Io che lascia la bocca amara .
Che farsene?
C’è da chiedersi perché la psicoanalisi è tornata così attuale, forse perché l’illusione di un Io forte che controlla tutto e che può dominare tutto ha mostrato le sue faglie anche nel tessuto sociale?   Ciò che è importante non è tanto interpretare il discorso sociale tout court, che produce magari anche dei dissapori dell’Io, che ci fa mal sopportare le mancanze dell’Altro,  ma, se pur lasciando all’altro le sue responsabilità dei suoi atti  (sperando che se ne faccia qualcosa), decifrare come il soggetto si situa rispetto al discorso sociale, al discorso dell’Altro e se restringiamo il campo sempre di più, come il soggetto si situa rispetto ai propri legami e alle proprie relazioni.
Non è facile poterne sapere qualcosa della propria posizione di enunciazione, e cioè di come ci si situa rispetto all’altro poiché la posizione da cui si parla e ciò che si dice non coincidono. Gli esempi potrebbero essere infiniti…
Dunque saperne della posizione da cui si parla può rivelare delle sorprese inedite.
E’ ciò che può prodursi nel corso di un’analisi.
L’Io non è padrone in casa propria, diceva Freud e  con la sua scoperta dell’inconscio inventa la psicoanalisi. Va precisato che vi sono dei luoghi comuni e delle costruzioni immaginifiche che creano un’idea diffusa rispetto all’inconscio come un luogo buio, misterioso, una specie di pozzo o  cantina dove sono ammassati ricordi sommersi  Ma non è questa la scoperta dell’inconscio per Freud. Per Freud  l’inconscio è di un’altra stoffa.  In Psicologia delle masse e analisi dell’Io, nel 1921, Freud scrive a proposito del metodo ipnotico in voga in quel tempo: “Quando un malato che non si dimostrava arrendevole veniva redarguito con le parole ‘Ma cosa fa? Voi vi contro suggestionate!’, mi dicevo che questa era una palese ingiustizia e un atto di violenza. Se si tentava di soggiogarlo con la suggestione, l’uomo aveva certamente il diritto di contro suggestionarsi”. Dunque  ciò che in primis Freud mette in rilievo  è che la posizione del curante è una posizione che non fa posto al soggetto, soggetto dell’inconscio, non lo lascia parlare, gli chiede di stare zitto e di lasciarsi suggestionare. Al rovescio l’inconscio che Freud ha scoperto , è fatto innanzi tutto di parole, parole che si inanellano fra di loro, che si possono ascoltare. E’ proprio così che Freud inventa l’inconscio,  ascoltando le parole dei pazienti. Freud, rinunciando alla posizione di chi sa – si sottomette alla parola delle e dei suoi pazienti che emerge, nel racconto dei sintomi di cui si lamentano e che li affliggono, che i sintomi stessi sono portatori di un sapere. Lasciar parlare quei sintomi non solo ha effetti terapeutici, a volte con la remissione del sintomo stesso, ma, là dove si interroga quello che si presenta come un sapere evidente, ne emerge un altro che non era conosciuto, di cui non se ne sapeva nulla, ma che comunque generava un lavorio e aveva una sua incidenza.  
Freud ha reperito l’inconscio negli inciampi della parola: lapsus, dimenticanze, motti di spirito, e nel  sogno che si legge come un rebus . Nei lapsus, negli atti mancati, si produce il soggetto nell’istante del desiderio inconscio e delle pulsioni rigettate. Lacan aggiungerà facendo riferimento alla linguistica che il soggetto dell’inconscio è rappresentato da un significante per un altro significante. Ca parle, e il ca parle ha a che fare con l’autenticità del desiderio inconscio di cui non se ne sa nulla sul piano dell’Io. Se sul piano dell’Io è è ciò che si dice, è l’enunciato, e’ invece nell’inconscio che si produce la posizione da cui si parla, la posizione dell’enunciazione.
Per l’analista si tratta innanzi tutto di tendere l’orecchio alla chiamata perché l’inconscio si apra E’ solo con un ascolto attento alle parole dell’analizzante che un analista, senza la pretesa di sapere la verità su quel soggetto lì, può spendersi affinché l’inconscio si apra. Al tempo stesso, se l’analista non si precipita a saturare con un sapere e un’interpretazione che avrebbe la pretesa di rimettere a posto le cose, mettendo a tacere il sintomo, l’attimo di tale apertura porta alla luce un sapere del soggetto a lui stesso sconosciuto, un sapere che lo sorprende e che si metterà al lavoro producendo, per esempio, un sogno, un ricordo, un lapsus, una dimenticanza, quelle che si chiamano formazioni dell’inconscio che costituiscono la trama di una storia che il soggetto riscrive lungo l’esperienza analitica. Niente pozzo, né cantina, forse un battito di ciglio che si apre e si chiude.  
Ci si potrebbe chiedere: perché è un movimento così aleatorio?
Per il semplice fatto che non sempre si vuole sapere ciò che in quella trama s’intesse, ovvero l’impossibile, l’indicibile, l’insopportabile che la tessitura di parole veicola.  
Lacan dirà che il reale, come uno dei tre registri insieme al simbolico e all’immaginario che annodano l’esperienza di ogni parlessere, ha a che fare con la pulsione che, proprio perché di tessitura si tratta, appare nei buchi della stessa, nelle rotture, negli strappi, nei bordi e negli orli sfilacciati. Possiamo pensare l’inconscio, infatti, come un bordo che si dilata e si restringe, si apre e si chiude. Intorno a questo bordo che è l’inconscio, intorno a questa pulsazione vibra, dunque, l’incontro delle parole con il corpo. Poiché l’inconscio si situa a livello del linguaggio, ha struttura di linguaggio e, in quanto struttura, include dei buchi lasciando spazio all’invenzione di ciascuno a partire da ciò che non si decifra, a partire da ciò che nel sintomo rimane senza interpretazione.

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