Dare ciò che non si ha

Intervento al Seminario di psicoanalisi il 23 ottobre 2023 al Circolo dei Lettori di Torino

Nello scritto La direzione della cura Lacan si rivolge agli psicoanalisti per mettere alle strette la specificità della direzione della cura in un’analisi. Da questo testo ho estratto una frase che adesso leggo e che condensa alcuni degli elementi costituitivi che entrano in gioco in un’analisi e come con questi elementi in gioco l’analista deve saperci fare, affinché possa mantenere la posizione opportuna nella cura.

“Infatti, se l’amore è dare ciò che non si ha, è ben vero che il soggetto può aspettarsi che glielo si dia, dato che lo psicoanalista non ha nient’altro da dargli. Ma anche questo niente non glielo dà, ed è meglio così: ecco perché questo niente glielo si paga, e di preferenza largamente, per ben dimostrare che altrimenti non varrebbe un gran che”.

Dunque, quali elementi? 

Iniziamo dal primo racchiuso nella frase enigmatica: l’amore è dare ciò che non si ha….

Lacan nel seminario VIII Il Transfert costruisce quella che chiama una teoria dell’amore e dice:

L’amore, (…) non si concepisce se non nella prospettiva della domanda. (…) La dimensione, la prospettiva, il registro dell’amore si sviluppano e si profilano, si inscrivono in quello che si può chiamare l’incondizionale della domanda. (…) Proprio perché la domanda è incondizionale non si tratta del desiderio di questo o di quello ma del desiderio tout court. (…) . Nell’amore la metafora del desiderante implica ciò a cui essa è sostituita come metafora, ossia il desiderato. Che cosa è il desiderato? È il desiderante nell’altro, che può avvenire solo se il soggetto stesso è posto come desiderabile. Ecco cosa chiede il soggetto nella domanda d’amore. Non posso fare a meno di ricordarvi che (…) l’amore è dare ciò che non si ha. L’amore come risposta implica il dominio del non avere (Sem.VIII p.390)

Non si ha…dunque l’amore piuttosto sul versante del non – avere – della mancanza … non si ha… niente da dare se si tratta d’amore…si può solo fare dono della propria mancanza…se ci fosse da dare sarebbe dell’ordine dello scambio dare – avere – dell’ordine contabile entrate e uscite….

Spesso nei rapporti che chiamiamo – nel senso comune – di amore si inciampa in questa trappola: faccio tanto per lui e per lei…e lui/lei non fa niente per me…non mi da quello di cui ho bisogno ecc.

Di questa trappola dice bene Nietzsche:

“L’amore rende uguali”. L’amore vuole risparmiare all’altro, al quale si consacra, ogni senso di estraneità (Fremdsein).Conseguentemente è tutto un fingere e un assimilarsi, un continuo ingannare e recitare la commedia di un’uguaglianza che in verità non esiste. E questo avviene così istintivamente, che le donne innamorate negano questa finzione e questa costante dolcissima impostura e affermano temerariamente che l’amore rende uguali (cioè opera un miracolo). Questo processo è semplice: quando uno dei due si lascia amare e non trova necessario fingere, piuttosto lo lascia fare all’altro, a colui che ama. Ma quando entrambi sono completamente invaghiti l’uno dell’altro, e quindi ognuno rinuncia a sé stesso e vuole farsi uguale all’altro e a lui solo, non c’è commedia più ingarbugliata e impenetrabile, e alla fine nessuno sa più cosa deve imitare, a che scopo deve fingere, per chi deve spacciarsi. La bella assurdità di questo spettacolo è perfetta per questo mondo e troppo sottile per occhi umani. (F.W. Nietzsche, Aurora, V, 1, V, p.532)

E ancora nel seminario il transfert Lacan porta l’esempio del destino matrimoniale di un uomo ricco di religione calvinista che sostenuto dall’idea che l’osservanza dei comandamenti divini abbia come frutto il successo terreno, in questa   dimensione di credenze, un giorno “travolse qualcuno con il paraurti della sua grossa vettura. La persona investita si ricompose. Era graziosa ed era figlia di un portinaio. Accolse le sue scuse con freddezza e con freddezza ancora maggiore le sue proposte di risarcimenti e dimostrò la massima freddezza di fronte alla proposta di cenare insieme. In breve, man mano che aumentava per lui la difficoltà di accesso a questo oggetto miracolosamente incontrato, egli gli dava sempre più valore.” (p.66 Sem.VIII – il discorso di Pausania (il valore.))  La sposerà e diventa il suo oggetto prezioso in una gabbia dorata fino a quando… lei non scapperà con un ingegnere dallo stipendio molto più modesto.  

Dunque, assumere nella propria vita amorosa che in amore si da ciò che non si ha… sposta il registro dall’avere alla mancanza ad essere, si fa dono della propria mancanza. In fondo quando ci si innamora non si sa perché, non lo si può sapere perché…poiché la scintilla che ha fatto sì che sia proprio quello lì o quella lì ha a che fare con un luccichio che colpisce, di cui non se se sa nulla,vibra a livello del punto più intimo ma allo stesso tempo più extimo che ci riguarda ed è lì che si dice sì…

senza saperlo, 

pensiamo di saperlo  (è una brava persona, mi attrae, ecc,ecc) ma in realtà si è toccati su quel punto più intimo ed extimo allo stesso tempo intorno al quale costruiamo la nostra vita, nella ricerca dell’oggetto perduto di cui non sappiamo nulla.

Si è catturati, attratti, ci si apre così ad un transfert immaginario, che se ad un certo punto non regge più e crolla è ciò che ci porta a dire… non ti riconosco più… non so chi sei… ecc. 

Si può trascorrere un’intera vita intrappolati in questa morsa immaginaria, che porta ad una ripetizione nevrotica, si cambia partner, ci si muove in uno spostamento metonimico ma non si è disposti a perdere niente della posizione soggettiva fantasmatica che esige il suo godimento, nella ricerca dell’oggetto perduto per sempre, senza riuscire mai ad esporsi alla contingenza della vita, al nuovo, allo scossone che può dare il non conosciuto. 

Allo stesso modo quando si sceglie di iniziare un’analisi con un’analista, ciascuno ha la sua modalità di scelta sul versante dell’Io (consiglio di amici, ricerca su internet, curriculum, genere, età ecc.). Il transfert immaginario agisce sin da subito, a partire dalla propria costruzione fantasmatica, la suggestione opera silenziosa, come si potrebbe dire in modo informale ‘ci si fa un proprio film’ a ciascuno il suo… ed è lì che l’analista è chiamato, su un punto etico a fare la differenza, affinché un’analisi possa prodursi.

Qui riprendo la frase e mi soffermo sulla seconda parte della frase 

“Infatti, se l’amore è dare ciò che non si ha, è ben vero che il soggetto può aspettarsi che glielo si dia, dato che lo psicoanalista non ha nient’altro da dargli. Ma anche questo niente non glielo dà, ed è meglio così: ecco perché questo niente glielo si paga, e di preferenza largamente, per ben dimostrare che altrimenti non varrebbe un gran che”.

Lacan con questa frase domanda agli analisti di chiedersi da quale posizione rispondono alla domanda primaria, implicita, che è sempre una domanda d’amore.

Come si implica l’analista, da quale posizione?  Lacan sempre in La direzione della cura ha intitolato un paragrafo: Come agire con il proprio essere.  In questo paragrafo porta in esame alcuni modi di intendere il maneggiamento del transfert da parte di altre scuole di pensiero: da Ferenzi   a Ella Sharpe e ancora la Scuola Anglosassone e Melanie Klein…per non prendere troppo tempo lasci chi è interessato rintracciare le specifiche riflessioni di Lacan su questi modi nel testo, e mi soffermo piuttosto su una frase che Lacan dice alla fine: “Va formulata un’etica che integri le conquiste freudiane sul desiderio per mettere in capo ad essa la questione del  desiderio dell’analista” (p.610). Lacan già nel Seminario XI aveva commentato la nozione di controtransfert, introdotta dagli analisti post-freudiani. Lacan contrappone alla nozione di controtransfert quelle del desiderio dell’analista.

Nel Seminario VII scrive “Non vi è motivo di affermare che il riconoscimento dell’inconscio pone di per sé l’analista al di fuori della portata delle passioni”. (p. 202).  Ma aggiunge che, egli “è posseduto da un desiderio più forte dei desideri di cui potrebbe trattarsi” (p. 204) in quanto si sia prodotta per lui “una mutazione dell’economia del desiderio”.  

Il desiderio dell’analista è ciò che anima l’analisi, ciò che spinge al dire l’analizzante, ma non punta a nulla se non che il soggetto in analisi, possa, al di là di ogni identificazione immaginaria o simbolica, scoprirsi, sorprendersi nella sua differenza assoluta.

Ma cosa è la differenza assoluta? Se ne se può cogliere qualcosa alla fine di un’analisi una volta consumate tutte le identificazioni 

Non c’è modo di dire cosa sono per l’Altro e neppure di cosa o chi sono di fatto.

Dunque, il desiderio dell’analista come operatore in una cura, non domanda, non educa, non ha idea di cosa sia giusto o sbagliato, né punta al bene. 

Si lascia orientare dal dire del soggetto, avendo come bussola il reale del godimento, affinché ciascuno possa trovare le proprie invenzioni e soluzioni per stare nel legame e trovare o reinventare un posto nel mondo più vivibile per ciascun*.

Mary Nicotra

Bibliografia

J. Lacan, La direzione della cura, in Scritti Vol. II. Einaudi, Torino, 1974. p.613.

J.Lacan Seminario VII L’etica della psicoanalisi (1959-1960), Einaudi, Torino, 2008.

J.Lacan Seminario VIII Il Transfert (1960-1961), Einaudi, Torino, 2008.

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